La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29919 del 25 ottobre 2021, ha chiarito che è configurabile un trasferimento di ramo d’azienda ai sensi dell’art. 2112 cod. civ. allorquando sussista una autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di (i) provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi (ii) svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione finalizzati nell’ambito dell’impresa cedente.
I fatti di causa
La Corte d’appello, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava inefficace nei confronti di un lavoratore il contratto di cessione di ramo di azienda intervenuto tra la originaria società datrice di lavoro e la società cessionaria. Per l’effetto, i giudici di merito dichiaravano sussistente un rapporto di lavoro subordinato tra il lavoratore e la società cedente, ordinando a quest’ultima il ripristino della concreta funzionalità del rapporto e l’adibizione del lavoratore a mansioni equivalenti al livello di inquadramento assegnato prima del trasferimento.
Secondo la Corte territoriale, i servizi ceduti nell’ambito del trasferimento di ramo d’azienda richiedevano, anche dopo la cessione, una continua interazione con i dipendenti della società cedente, nonché un’imprescindibile integrazione organizzativa ed una stretta interdipendenza funzionale del ramo trasferito con la struttura rimasta nella società cedente. Ciò escludeva, secondo i giudici di merito, che l’oggetto della cessione costituisse un’articolazione autonoma, capace di perseguire con propri autonomi mezzi lo scopo economico prefissato.
La Società cessionaria ha così proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 cod. civ. per essere la sentenza impugnata non rispettosa dei principi fissati dalla Direttiva 2001/23/CE così come enunciati dalla Corte di Giustizia. La Società ha eccepito, in particolare, che per la configurabilità della cessione del ramo d’azienda ex art. 2112 cod. civ. è decisivo il mantenimento di un nesso di dipendenza interfunzionale tra i beni ed il personale trasferito e la prosecuzione delle attività prima svolte dal cedente nonché il potere dei responsabili del gruppo ceduto di organizzare in modo libero e indipendente il lavoro all’interno del gruppo.
La decisione
La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso, evidenzia come il giudice d’appello abbia deciso in modo conforme alla giurisprudenza della stessa Suprema Corte e ai principi della Direttiva 2001/23/CE enunciati dalla Corte di Giustizia Europea. La Corte, richiamando i propri precedenti in materia, rileva come il ramo d’azienda sia configurabile ove venga ceduto un complesso di beni che «oggettivamente» si presenta come entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica in funzione dello svolgimento di un’attività volta alla produzione di beni o servizi.
La Suprema Corte rileva, altresì, che anche in relazione al testo modificato dall’art. 32 del D.Lgs. n. 276/2003, ai fini del trasferimento di ramo d’azienda ex art. 2112 cod. civ., rappresenta «elemento costitutivo» della cessione «l’autonomia funzionale del ramo ceduto». Secondo la Corte il fatto che «la nuova disposizione abbia rimesso al cedente e al cessionario di identificare l’articolazione che ne costituisce l’oggetto non significa che sia consentito di rimettere ai contraenti la qualificazione della porzione dell’azienda ceduta come ramo, così facendo dipendere dall’autonomia privata l’applicazione della speciale disciplina in questione, ma che all’esito della possibile frammentazione di un processo produttivo prima unitario, debbano essere definiti i contenuti e l’insieme dei mezzi oggetto del negozio traslativo, che realizzino nel loro insieme un complesso dotato di autonomia organizzativa e funzionale apprezzabile da un punto di vista oggettivo».
Oggetto del trasferimento ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., precisa poi la Corte di Cassazione, può certamente essere anche un gruppo organizzato di dipendenti specificamente e stabilmente assegnati ad un compito comune, ma è compito del giudice del merito verificare quando il gruppo di lavoratori sia dotato «di un comune bagaglio di conoscenze, esperienze e capacità tecniche, tale che proprio in virtù di esso sia possibile fornire lo stesso servizio». Ciò per scongiurare «operazioni di trasferimento che si traducano in una mera espulsione di personale, in quanto il ramo ceduto dev’essere dotato di effettive potenzialità commerciali che prescindano dalla struttura cedente dal quale viene estrapolato ed essere in grado di offrire sul mercato ad una platea indistinta di potenziali clienti quello specifico servizio per il quale è organizzato».