L’8 dicembre la Commissione Ue dovrebbe presenterà la proposta di direttiva europea sui platform workers, i lavoratori delle piattaforme digitali, rider ma non solo.
L’obiettivo è stabilire un livello base di protezione salariale in tutti gli Stati membri, per garantire standard di vita dignitosi ai lavoratori. «Vista l’assenza, nell’attuale quadro legislativo europeo, di una regolamentazione del settore, il
Parlamento ha approvato una risoluzione inerente i diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali — chiarisce l’avvocato
Vittorio De Luca, managing partner dello studio legale De Luca & Partners.
Tra i punti di maggiore interesse, che potranno avere ripercussioni sulla normativa italiana, vi sono la “presunzione di subordinazione con inversione dell’onere della prova” nonché l’uso degli algoritmi in modo trasparente, non discriminatorio, affidabile ed etico per tutti i lavoratori».
La grande maggioranza dei rider sceglie il lavoro con le piattaforme per le flessibilità e lo affianca ad attività
complementari. Un cambiamento di policy potrebbe creare impedimenti per gli attuali 250 mila rider? «Senza dubbio l’elevato grado di flessibilità è uno dei maggiori vantaggi del lavoro su piattaforma — prosegue l’avvocato.
Una nuova regolamentazione dovrà adattarsi a un contesto economico produttivo radicalmente cambiato, in cui la rivoluzione tecnologica ha reso obsoleti i principali strumenti tipici di gestione e tutela».
Come sarà possibile? «Attraverso una regolamentazione che tenda, da un lato, a salvaguardare le forme di lavoro
flessibili offerte dalle piattaforme digitali, e, dall’altro, a superare incertezze giuridiche a vantaggio di lavoratori, imprese, piattaforme incluse, e consumatori — conclude De Luca.
Su questo, il Parlamento ha proposto l’istituzione di un marchio europeo di qualità da concedere, a seguito di valutazione, alle piattaforme che attuano buone pratiche per i lavoratori affinché gli utenti e gli stessi lavoratori
possano prendere decisioni informate».