Dirigenti nuovamente esclusi dal divieto di licenziamento durante la pandemia (Guida al Lavoro de Il Sole 24 Ore,12 novembre 2022 – Alberto De Luca, Alessandra Zilla)

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14 Nov 2022

Il Tribunale di Roma si discosta dall’indirizzo della Corte d’Appello capitolina in merito all’esclusione del divieto di licenziamento per i dirigenti durante la emergenza Covid.

Misure di contrasto del Covid 19 – D.L. n. 18/2020 e D.L. 104/2020 – Divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Dirigente – Licenziamento per soppressione della posizione di lavoro – Violazione del divieto – Non sussistente

La normativa emergenziale relativa al divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo ha carattere eccezionale e, pertanto, non è suscettibile di estensione analogica ad ipotesi non espressamente previste dal testo normativo. Ne consegue che il blocco dei licenziamenti non possa trovare applicazione con riferimento al licenziamento individuale del dirigente.

Tribunale di Roma 25 ottobre 2022, n. 8722

A distanza di pochi mesi dalla sentenza resa dalla Corte d’Appello di Roma, con la quale il Collegio si era pronunciato a favore dell’applicabilità del blocco dei licenziamenti anche al personale dirigenziale, il Tribunale capitolino, con la recentissima sentenza n. 8722 pubblicata il 25 ottobre 2022, è giunto alla conclusione diametralmente opposta.

Il fatto

Nell’agosto del 2020 – e dunque nel periodo coperto dal generale divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo di cui al D.L. 14.8.2020, n. 104 – la società datrice di lavoro aveva proceduto al licenziamento di un dirigente per ragioni economiche, dunque oggettive.

Nell’ambito della prima fase del c.d. Rito Fornero, il Giudice, ritenendo che anche i dirigenti fossero ricompresi nella platea dei lavoratori protetti dal blocco dei licenziamenti di cui alla normativa emergenziale, aveva dichiarato nullo il licenziamento, disponendo la sua immediata reintegra nel posto di lavoro, con condanna della società al pagamento delle retribuzioni dovute dalla data di licenziamento fino a quella di effettiva reintegrazione.

Avverso tale provvedimento, la società proponeva opposizione dinanzi al Tribunale di primo grado.

La normativa e i precedenti giurisprudenziali

Come noto, l’art. 46 D.L. 17 marzo 2020, n. 18 precludeva l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo e vietava ai datori di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti occupati, di «recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604».

Il “blocco” dei licenziamenti è stato poi esteso e fatto oggetto di ulteriori condizioni, nonché di alcune deroghe, da parte del D.L. 14.8.2020, n. 104, applicabile alla fattispecie oggetto della sentenza in commento.

La norma disponeva che, per fronteggiare l’emergenza da COVID-19, ai datori privati che non avessero integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali restava preclusa, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo di cui all’art. 3 della L. 15.7.1966, n. 604, e restavano altresì sospese le procedure presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro in corso di cui all’art. 7 della medesima legge.

Le preclusioni e le sospensioni sopra elencate non trovavano applicazione nei seguenti casi:

a) licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività;

b) accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale di incentivo alla risoluzione del rapporto;

c) licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non era previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne era disposta la cessazione.

Sin dall’introduzione del blocco dei licenziamenti, in dottrina e in giurisprudenza si sono alternati due indirizzi opposti in merito all’applicabilità di tale normativa emergenziale ai licenziamenti individuali dei dirigenti.

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