Con la recente sentenza n. 5288 del 20 febbraio 2023, la Corte di Cassazione ha statuito che, con riferimento al CCNL per i dipendenti del settore terziario (di seguito il “CCNL”), il periodo di conservazione del posto pari a 180 giorni, da calcolare in un anno solare decorrente dal primo episodio morboso, deve ritenersi riferito sia al comporto secco sia a quello per sommatoria.
I fatti di causa e il processo
La Corte d’Appello di Catanzaro accoglieva l’appello di un dipendente licenziato per superamento del periodo di comporto e, in parziale riforma della sentenza resa nel primo grado di giudizio, dichiarava illegittimo il recesso, condannando la società datrice di lavoro alla reintegrazione in servizio del dipendente e al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 18 Stat. Lav.
La Corte territoriale giungeva alla propria decisione statuendo che “in base al combinato disposto degli articoli 175 e 177 ccnl terziario […] se ad un periodo di malattia, nello stesso anno, segue un’interruzione, comincia a decorrere un nuovo periodo di comporto di 180 giorni”. La Corte d’Appello, dunque, avendo accertato che nel corso dell’anno solare il dipendente non avesse totalizzato 180 giorni consecutivi di malattia, riteneva che non potesse configurarsi il superamento del periodo di comporto posto a fondamento del recesso datoriale.
Avverso la sentenza resa dalla Corte d’Appello, la Società proponeva ricorso per cassazione, articolando due motivi di ricorso afferenti alla violazione e falsa applicazione dell’art. 175 del CCNL e deducendo che tale norma contemplasse un comporto c.d. “per sommatoria” – che, nel caso di specie, era da ritenersi superato dal dipendente – e non un comporto c.d. “secco” come statuito dalla Corte territoriale.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 23155 del 2020, respingeva il ricorso promosso dalla Società, statuendo che “qualora all’infortunio succeda, come pacificamente avvenuto nel caso di specie, persino ove senza soluzione di continuità, un periodo di assenza per malattia, inizia a decorrere, dal momento dell’insorgenza della malattia, un distinto termine di 180 giorni solo alla cui scadenza può procedersi a licenziamento per superamento del periodo di comporto”.
La Società, ravvisando un errore di fatto nella pronuncia resa dagli Ermellini, ricorreva per la revocazione della relativa sentenza, rilevando che l’assunto su cui si fondava la pronuncia era erroneo. Gli atti processuali mostravano, infatti, che le assenze, in due distinti periodi, rispettivamente di 109 e 124 giorni, erano dovute esclusivamente a malattia e non anche ad infortunio come indicato dalla Suprema Corte.
La sentenza resa dalla Corte di Cassazione all’esito del giudizio di revocazione
La Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso per revocazione promosso dalla Società, ha preliminarmente rilevato come l’interpretazione adottata dai giudici d’appello non fosse rispondente al tenore letterale dell’articolo 175 del CCNL, laddove la norma contrattuale prevede il diritto alla conservazione del posto “per un periodo massimo di 180 giorni in un anno solare”, senza prevedere alcun riferimento al carattere consecutivo ovvero interrotto delle assenze.
La Suprema Corte ha inoltre statuito che la soluzione proposta dalla Corte d’Appello fosse censurabile anche sulla scorta di un’interpretazione sistematica delle norme, non essendo stata valorizzata la differenza, che il CCNL invece pone, tra l’ipotesi di assenze causate da un unico fattore morboso e la diversa ipotesi in cui concorrono diversi fattori causativi dell’assenza (ossia malattia e infortunio) che rendono operanti due autonomi periodi di comporto.
Sulla scorta di quanto sopra, gli ermellini hanno pertanto precisato che non può trovare accoglimento la tesi secondo cui, in caso di interruzione della malattia, cominci a decorrere un nuovo periodo di comporto nello stesso anno.
Secondo i Giudici di legittimità, dunque, il termine di 180 giorni, calcolato a ritroso dall’ultimo episodio morboso nell’ambito dell’anno solare di 365 giorni, deve applicarsi anche al comporto per sommatoria e non solo al comporto secco.
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