Con la sentenza n. 2859 del 31 gennaio 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del licenziamento disciplinare e delle sue conseguenze in caso di violazione delle procedure previste per legge. Nel caso di specie, l’azienda, nell’irrogare il licenziamento al dipendente non aveva rispettato la procedura prevista dal dall’articolo 53 del R.D. n. 148/1931, omettendo di convocare il lavoratore prima del licenziamento per consentirgli di presentare le proprie giustificazioni a sua difesa. La Corte d’Appello di Palermo, investita della questione, aveva ricondotto il vizio nell’alveo del comma 6 dell’art. 18, disponendo solamente il pagamento di un’indennità risarcitoria. La Corte di Cassazione ha invece stabilito che la violazione di tale norma comporta la nullità del provvedimento disciplinare, in quanto l’invalidità deriva dalla violazione di una norma posta a tutela di un interesse meritevole di protezione, come quello di difesa del lavoratore. Dunque, a parere della Corte, al lavoratore spetterà la tutela reale prevista dall’articolo 18, commi 1 e 2, della Legge n. 300 del 1970, ossia il diritto al reintegro nel posto di lavoro e al pagamento delle retribuzioni arretrate e il versamento dei contributi previdenziali sin dalla data del licenziamento.