Con la sentenza n. 32412 del 22 novembre 2023, la Corte di Cassazione si è occupata della
legittimità del licenziamento intimato dal datore di lavoro formale nei confronti di un lavoratore
impiegato nell’ambito di un appalto non genuino.
Il lavoratore agiva in giudizio per ottenere l’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro
alle dipendenze della società committente, la dichiarazione dell’inefficacia del licenziamento in
quanto intimato dall’appaltatrice e non dall’«effettivo» datore di lavoro e la riammissione in
servizio. La Cassazione, investita della vicenda, ha in primo luogo affermato che non è preclusa al
lavoratore la possibilità di agire in giudizio per l’accertamento della sussistenza di una situazione di
interposizione fittizia e per ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro alle dipendenze del
committente anche in caso di licenziamento irrogato dall’appaltatrice.
La Suprema Corte, inoltre, ha stabilito che in caso di interposizione fittizia il potere di recesso deve
essere in ogni caso esercitato dal reale datore di lavoro e non da quello fittizio, a pena di
inefficacia del recesso; il datore di lavoro sostanziale, infatti, non può avvalersi del licenziamento
irrogato dall’appaltatore quale atto di gestione del rapporto.