La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7558 del 15 aprile 2016, ha statuito un importante principio sul riparto dell’onere probatorio in materia di licenziamenti. La vicenda trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Milano che, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad una ballerina della Scala per avere rilasciato ad un quotidiano inglese e a quotidiani nazionali dichiarazioni in merito alla condizione di pregiudizio fisico e psicologico delle ballerine e alla subordinazione delle loro carriere a fattori non professionali. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il teatro, sostenendo che ove il datore di lavoro provi quanto rientra nella sua sfera di controllo – e cioè, nel caso in esame, il rilascio di un’intervista contenente dichiarazioni a sé pregiudizievoli – compete al lavoratore dimostrare il contrario. La Cassazione, nel rigettare il ricorso, ha chiarito che il datore di lavoro, allorquando proceda al licenziamento di un dipendente per aver rilasciato simili dichiarazioni, deve dimostrare sia il fatto estrinseco delle dichiarazioni, così come riportate sui quotidiani, sia la sua reale conformità alle frasi effettivamente pronunciate dal lavoratore, così da provare la riconducibilità a quest’ultimo del contenuto che si reputa denigrato