La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22127 del 2 novembre 2016, è intervenuta nuovamente sulla interpretazione del principio di corrispondenza tra addebito contestato e addebito posto a fondamento della sanzione disciplinare. Nel caso di specie, un lavoratore si assentava dal lavoro lamentando di essere vittima di vessazioni e che sarebbe rientrato allorquando fossero cessate. La società, a seguito del protrarsi dell’assenza, gli intimava di rendere le proprie giustificazioni e riprendere, senza indugio, il lavoro. Il lavoratore ribadiva le giustificazioni della sua assenza sicché la società, perdurando la stessa, procedeva al suo licenziamento per giusta causa. Nell’impugnare la sanzione espulsiva il lavoratore eccepiva la violazione del principio di immutabilità della contestazione, essendo stato licenziato per un assenza più lunga rispetto a quella contestata. La Suprema Corte, nel rigettare l’eccezione del lavoratore, ha dichiarato la prevalenza della durata effettiva dell’assenza rispetto ai giorni contestati in forma scritta, dando valenza così anche ai dati emersi durante il procedimento disciplinare e non solo a quelli oggetto di contestazione. In altri termini il principio di corrispondenza tra addebito contesto e addebito posto a fondamento della sanzione disciplinare non può essere considerato violato quando il fatto contestato nel provvedimento disciplinare resti invariato e mutino solo l’apprezzamento e la valutazione complessiva dello stesso.