La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 798 del 13 gennaio 2017, ha affermato che il committente, nella cui disponibilità permanga l’ambiente di lavoro, è tenuto ad adottare tutte le misure atte a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, inclusi i dipendenti dell’impresa appaltatrice. In particolare, sempre secondo la Corte, queste misure consistono nel (i) fornire ai lavoratori adeguata informazione circa le situazioni di rischio; (ii) predisporre le azioni necessarie a garantire la sicurezza degli impianti e (iii) cooperare con l’appaltatrice nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata, tanto più se caratterizzata dall’uso di macchinari pericolosi. Pertanto, a parere della Corte, nel caso di infortunio occorso sul lavoro, la responsabilità sorge in capo al lavoratore infortunato in presenza di un comportamento abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento. In assenza di tale contegno da parte del lavoratore, l’eventuale suo coefficiente colposo nel determinare l’evento è irrilevante sia sotto il profilo causale sia sotto quello dell’entità dei risarcimento. In sostanza le eventuali imprudenze, negligenze o imperizie dei lavoratori non sono idonee ad escludere il nesso causale rispetto alla condotta colposa del committente che non abbia provveduto ad adottare tutte le misure di prevenzione rese necessarie dalle concrete condizioni di svolgimento del lavoro.