La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5323 del 2 marzo 2017, è tornata ancora una volta pronunciarsi sulla legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, al fine di circoscriverne contenuti e limiti. Nel caso di specie un impiegato amministrativo impugnava giudizialmente il licenziamento intimatogli per una asserita necessità di riduzione dei costi aziendali. La Società, pur avendo provato in giudizio di aver perso molteplici gare d’appalto e di trovarsi in difficoltà nei confronti dei competitors, non aveva assolto l’onere probatorio relativo all’effettività del ridimensionamento funzionale dell’assetto organizzativo aziendale con annessa soppressione della posizione ricoperta dal lavoratore. La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, nel rigettare il ricorso presentato dalla Società, ha confermato la correttezza di entrambe le pronunce di merito che avevano constatato il difetto di prova del giustificato motivo oggettivo, difetto di prova di per sé idoneo a determinare l’illegittimità del recesso.