Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 730 datata 8 aprile 2017, torna a pronunciarsi sul regime di tutela applicabile in presenza di un patto di prova nullo per coloro che sono assunti con contratto a tutele crescenti. Nel caso di specie ad una lavoratrice veniva comunicato il recesso per mancato superamento del periodo di prova. La lavoratrice adiva così il Tribunale di Milano, chiedendo, tra le altre, che venisse dichiarata la nullità del patto di prova per difetto di specifica indicazione delle mansioni che ne costituivano l’oggetto. Il Giudice di prime cure accoglieva la richiesta della lavoratrice, dichiarandolo nullo sull’assunto che (i) la dizione “analyst consultant” utilizzata nella lettera di assunzione non corrispondeva ad alcuno dei profili professionali indicati nel CCNL di settore, (ii) nemmeno l’oggetto del patto poteva esser ricavato aliunde, anche in considerazione della peculiare genesi del rapporto a seguito di avviamento obbligatorio e, in assenza, quindi di trattative pre-assuntive e di piena liberalità nella selezione della dipendente da parte del datore. In merito al regime di tutela applicabile, il Tribunale ha osservato trattasi di un recesso “(meramente) ingiustificato, perché intimato fuori dall’area della libera recedibilità, trovando, quindi, applicazione la disposizione di cui all’art. 3, comma 1, D. Lgs. 23/15, che disciplina le ipotesi di licenziamento intimato in assenza di giusta causa o giustificato motivo oggettivo o soggettivo”. Questa sentenza si pone così in contrasto con quanto già statuito sul tema dal Tribunale di Torino con sentenza del 16 settembre 2016 e dallo stesso Tribunale di Milano con sentenza del 3 novembre 2016.