La Corte di Cassazione, con la sentenza 26682/2017, ha dichiarato legittimo il licenziamento disciplinare intimato ad un dipendente, che aveva rivolto accuse di inettitudine ed incapacità nei confronti di collaboratori e vertici dell’azienda, utilizzando espressioni ingiuriose, in numerosi messaggi inviati con l’account di posta elettronica aziendale. Nel caso di specie, il lavoratore, nell’impugnare giudizialmente il provvedimento datoriale, aveva, tra le altre, lamentato la mancata adozione di un regolamento aziendale sull’utilizzo degli strumenti informatici. Al riguardo la Suprema Corte ha osservato che il venir meno del vincolo fiduciario non era stato determinato dall’utilizzo per fini non lavorativi della casella di posta elettronica aziendale bensì per il contenuto offensivo delle email riguardanti collaboratori e vertici dell’azienda. Peraltro la stessa Corte ha evidenziato che il controllo effettuato dal datore di lavoro sulla mail aziendale del dipendente, nonostante le eccezioni di quest’ultimo, era da considerarsi legittimo, essendo stato occasionato da una anomalia segnalata dall’amministratore di sistema ed esercitato ex post in presenza di un ragionevole sospetto dell’esistenza di condotte lesive di beni estranei all’adempimento dell’obbligazione lavorativa (alias l’immagine dell’azienda e la tutela della dignità degli altri lavoratori). In sostanza il datore di lavoro può effettuare controlli mirati al fine di verificare il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro, ivi inclusi i pc aziendali, purché, nell’ottica di un bilanciamento di interessi, rispetti la libertà e la dignità del lavoratore ed i principi di correttezza, pertinenza e non eccedenza dettati dalla normativa in materia di privacy.