La Corte di Cassazione, con ordinanza 11538 del 2 maggio 2019, ha affermato che il datore di lavoro può revocare unilateralmente l’auto assegnata al dipendente a titolo oneroso, in qualsiasi momento, senza preavviso e senza diritto per il dipendente stesso ad alcun indennizzo o compenso sostitutivo.
I fatti
Un dipendente adiva il Giudice del Lavoro affinché condannasse il suo datore di lavoro a riconsegnargli l’auto aziendale, assegnatagli qualche anno prima, assumendo che la stessa gli era stata concessa “ad uso promiscuo”, quale fringe benefit di natura retributiva.
Avverso la sentenza con cui il Tribunale aveva respinto la sua domanda, il dipendente proponeva appello. La Corte distrettuale, nel confermare la decisione di primo grado, osservava che nel caso di specie l’assegnazione dell’auto – stando a quanto emerso dalla relativa comunicazione sottoscritta dal lavoratore per accettazione – era avvenuta secondo le modalità stabilite nel Regolamento aziendale.
Sul punto la Corte d’Appello evidenziava che ai sensi dell’art. 1 del predetto Regolamento l’auto era da intendersi disposta ad esclusivo interesse dell’azienda, così da poter essere revocata (i) in qualsiasi momento e senza preavviso, (ii) senza diritto per il dipendente ad alcun indennizzo o compenso sostitutivo e (iii) con addebito in busta paga, al 30 giugno e al 31 dicembre di ogni anno, del costo relativo all’uso personale dell’autoveicolo.
Inoltre, la Corte d’Appello osservava che l’uso così regolamentato dell’autovettura aziendale, poiché rispondente all’interesse della società datrice di lavoro e oneroso per il dipendente, non era tale da integrare un compenso in natura che potesse trovare la sua causa nel sinallagma contrattuale; né d’altra parte poteva ritenersi che l’uso fosse stato concesso senza oneri per il dipendente sull’assunto che, dal 2005, nelle buste paghe non risultava effettuata la trattenuta relativa all’utilizzo dell’autovettura. A parere della Corte distrettuale quest’ultimo era un dato da solo insufficiente a dimostrare, in maniera univoca e certa, la comune volontà delle parti di mutare il titolo del godimento come originariamente pattuito in conformità al Regolamento aziendale.
Il lavoratore soccombente ricorreva in cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello, a cui resisteva la società datrice di lavoro con controricorso.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione investita della causa ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal dipendente, confermando così la decisione dei giudici di merito.
In particolare, secondo la Corte di Cassazione, dall’accertamento di fatto compiuto nella fase di merito (e non oggetto di specifica censura) circa l’onerosità dell’uso dell’autovettura aziendale deriva che la concessione della stessa può essere revocata unilateralmente dal datore di lavoro, senza preavviso e senza diritto per il dipendente ad alcun indennizzo.