. Anche in caso di ricovero del bambino in ospedale, il periodo di astensione obbligatoria si congela per tutta la durata del ricovero e, di nuovo, i giorni vengono recuperati successivamente.
È uno dei punti più controversi del Jobs Act e riguarda da vicino molte donne che rientrano dalla maternità. “È prevista una modifica sostanziale dell’articolo 2103 del Codice Civile che regolava la materia”, dice Silvia Torsella, giuslavorista a Taranto. “Finora il patto di demansionamento era considerato nullo, anche se il lavoratore si dichiarava d’accordo, perché si sospettava che il consenso fosse estorto con il ricatto.
Il Jobs Act lo ha reso possibile sulla base di un accordo tra le parti, senza nemmeno la garanzia del mantenimento del livello retributivo, che può essere abbassato”. Non solo. È anche possibile lo spostamento orizzontale, ovvero il cambiamento completo del tipo di lavoro, sulla base di esigenze organizzativ e aziendali.
Per le donne che rientrano dalla maternità è previsto una specie di demansionamento ‘a fin di bene’. Dice Torsella: “Dovrebbe servire a migliorare le condizioni di vita e lavoro della donna, sollevandola da incarichi troppo gravosi – per esempio, frequenti trasferte – per la sopraggiunta condizione di madre”. In realtà questa possibilità era già prevista nella normativa precedente e si trattava di un cambio di mansioni temporaneo, con una precisa scadenza, che la riforma ha eliminato. “La sensazione”, dice Torsella, “è che la tutela si sia spostata dal lavoratore al mercato, con I’idea – ancora tutta da verificare – che questo porterà a una maggiore occupazione”.
Dal demansionamento al mobbing il passo è breve?Non esattamente. “ll demansionamento è un aspetto marginale”, dice Torsella, “non basta da solo a determinare una condotta di mobbing, che deve essere protratta nel temPo e accompagnarsi ad altre condotte ostili come minacce, molestie, diffamazione. Deve essere provato I’obiettivo del datore di lavoro di emarginare il dipendente”. lnoltre, deve aver provocato un danno alla salute certificabile da un medico del lavoro.
Fonte:
“Io e il mio bambino” – N. 5 Maggio 2015