Con la sentenza n. 553 del 2021, la Suprema Corte ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa irrogato ad una lavoratrice che aveva proferito frasi offensive e minacciose nei confronti dell’amministratore giudiziario della società.
Nella sentenza della Cassazione in esame si sostiene che la decisione della Corte di Appello di Bari che aveva dichiarato la legittimità del licenziamento era basata non tanto sul valore probatorio della relazione rilasciata dall’amministratore giudiziario quanto sulle risultanze istruttorie orali da cui erano emersi i profili di gravità della condotta posta in essere dalla lavoratrice, tali dall’essere incompatibili con la prosecuzione anche temporanea del rapporto di lavoro.
Non solo, la Corte di Cassazione precisa che anche sotto i profili della proporzionalità e della ragionevolezza, la massima sanzione espulsiva si deve ritenere pienamente congrua rispetto alla condotta imputata alla lavoratrice.
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