La Corte di Cassazione, con la sentenza 6495 del 9 marzo 2021, ha affermato che, ai sensi dell’art. 30 della L. 300/1970 (“Statuto dei Lavoratori”), i componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle organizzazioni sindacali hanno diritto a permessi retribuiti per partecipare alle relative riunioni. L’utilizzo di tali permessi per finalità diverse comporta una assenza dal servizio che può giustificare la risoluzione del rapporto di lavoro. Tuttavia, secondo la Corte di Cassazione, l’astratta rilevanza sotto il profilo disciplinare della condotta del lavoratore colpevole non esime dal verificare, in concreto, la sua gravità e il suo rientrare eventualmente nell’ambito della giusta causa di licenziamento. La valutazione di proporzionalità è da demandarsi ad un giudice. E nel caso di specie, il licenziamento per giusta causa del dirigente sindacale è risultato sproporzionato analizzando la condotta addebitata e quella risultata dall’esito dell’istruttoria svolta. Al dirigente sindacale era stato, infatti, contestato di essersi arbitrariamente assentato dal lavoro, avendo svolto durante la fruizione del permesso sindacale attività non inerenti a quella per la quale il permesso era stato concesso. Ma era emerso che il lavoratore, pur non avendo partecipato ad alcuna riunione sindacale, aveva comunque svolto attività riconducibili al suo mandato. Pertanto, secondo la Corte di Cassazione, correttamente i giudici di merito avevano annullato il licenziamento intimato al dirigente sindacale ,ritenendo la condotta contestagli rientrante tra quelle punibili con una sanzione conservativa.