Con provvedimento emesso in giudizio per condotta antisindacale ex art. 28, L. 300/1970 promosso dalla FIOM CGIL nei confronti della filiale italiana di un gruppo multinazionale, nel contesto di una procedura di licenziamento collettivo per cessazione dell’attività produttiva, il Tribunale di Ancona, Sezione Lavoro, ha ritenuto che è antisindacale la condotta posta in essere dal datore di lavoro che ometta la procedura di consultazione prevista dall’art. 9 Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i lavoratori addetti all’industria metalmeccanica privata e alla installazione di impianti (“CCNL”) e avvii direttamente la procedura di consultazione per licenziamento collettivo ex artt. 4 e 24, L. 223/1991. Più in dettaglio, in data 10 dicembre 2021, il management aziendale, dopo aver informato in occasione di apposito incontro preventivo le organizzazioni sindacali circa la decisione assunta, aveva immediatamente avviato la procedura di licenziamento collettivo. Tale condotta, secondo l’organizzazione sindacale, era in contrasto, da un lato, con le disposizioni di cui agli artt. 9 e 10 del CCNL in relazione agli obblighi di informazione preventivi ivi stabiliti in caso di interventi sui livelli occupazionali, per le imprese con più di 50 dipendenti e per quelle con oltre 150 dipendenti nonché con le disposizioni di cui alla direttiva 2002/14/CE recepite dal D.Lgs. 113/2012 in merito ai relativi obblighi di costituzione e informazione del comitato aziendale europeo; dall’altro, con le disposizioni dell’accordo integrativo aziendale del 5 luglio 2018 in merito a contenuti e periodicità delle informative sindacali ivi pattuite e più in generale, con i principi di correttezza e buona fede contrattuali. La domanda era dunque finalizzata ad ottenere la rimozione degli effetti della condotta antisindacale con annullamento della procedura di licenziamento collettivo avviata, nonché il risarcimento del danno all’immagine ed il risarcimento del danno non patrimoniale da condotta discriminatoria ex art. 28, D. Lgs. 150/2011. La Società aveva resistito in giudizio sostenendo di aver proceduto all’informativa sindacale circa la cessazione dell’attività aziendale allorquando ne aveva avuto contezza e che gli obblighi informativi di cui al CCNL e all’accordo integrativo aziendale erano comunque da ritenersi integralmente assorbiti dalla procedura ex artt. 4 e 24, L. 223/1991. La Società aveva dunque concluso per il rigetto del ricorso e per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite nonché, ritenendo l’azione dell’organizzazione sindacale persino connotata da temerarietà, il relativo risarcimento a favore della parte convenuta, come previsto dall’art. 96 cod. proc. civ.. Nel corso del processo sono stati escussi n. 4 informatori, ascoltati i quali, il Giudice Unico del Lavoro ha concluso per l’accoglimento del ricorso in relazione alla lamentata violazione degli obblighi di consultazione sindacale di cui alla contrattazione nazionale e quella aziendale, distinguendo tuttavia tra gli obblighi di informazione gravanti sulle imprese con oltre 50 dipendenti e quelli invece gravanti sulle imprese con oltre 150 dipendenti. Il CCNL, ha rilevato il Tribunale, dopo aver distinto gli argomenti su cui il datore di lavoro è tenuto ad informare i sindacati a richiesta da quelli su cui è invece tenuto a fornire informazioni a prescindere da richieste, solo per le imprese con oltre 50 dipendenti (e fino a 150) prevede espressamente che le procedure di cui alla L. 223/1991 assorbono quelle di consultazione ivi disciplinate.
Continua a leggere la versione integrale pubblicata su Norme & Tributi Plus Diritto de Il Sole 24 Ore.