L’INPS, con messaggio n. 3359 del 17 settembre 2019, ha riassunto ed illustrato agli operatori economici e alle sue sedi territoriali, i principi consolidatisi a livello di giurisprudenza di legittimità circa la compatibilità tra la titolarità di cariche sociali e/o la figura del socio di società di capitali con un distinto rapporto di lavoro subordinato.
Il messaggio muove le mosse da quanto già precisato sul tema dallo stesso Istituto nella nota circolare 179 dell’8 agosto 1989 (“Accertamenti e valutazione della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato”), in parte rivisto alla luce del messaggio 12441 dell’8 giugno 2011.
L’Istituto previdenziale, partendo dall’assunto che l’incarico di amministratore di una società di capitali non esclude a priori la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato purché ne sussistano le relative caratteristiche tipiche (i.e. l’assoggettamento al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione), si sofferma sulle varie cariche sociali evidenziando, per ciascuna di esse, i limiti alla compatibilità con un parallelo rapporto di lavoro subordinato.
Cariche sociali
- Presidente del consiglio di amministrazione
In primo luogo, viene presa in esame la carica di presidente del consiglio di amministrazione che, ad avviso dell’Istituto, non è incompatibile con lo status di lavoratore subordinato ferma restando la sottoposizione del presidente medesimo alle direttive, alle decisioni ed al controllo dell’organo collegiale, anche in presenza dell’eventuale conferimento della rappresentanza legale della società.
- Amministratore unico
Quanto sopra, diversamente dall’amministratore unico in quanto “detentore del potere di esprimere da solo la volontà propria dell’ente sociale, come anche i poteri di controllo, di comando e di disciplina”. La carica di amministratore unico risulta, infatti, incompatibile con un rapporto di lavoro subordinato in quanto il lavoratore finirebbe per eseguire prestazioni lavorative ordinate dall’organo direttivo, ovverosia da sé stesso.
- Amministratore delegato
La compatibilità tra la carica di amministratore delegato ed un parallelo rapporto di lavoro subordinato va invece valutata, secondo la giurisprudenza di legittimità e l’Istituto, in base (i) all’ampiezza della delega conferita dal consiglio di amministrazione, (ii) al numero di eventuali altri amministratori delegati ed (iii) alla facoltà di agire congiuntamente o disgiuntamente.
Stante ciò e ferma comunque restando la sussistenza degli elementi tipici della subordinazione, l’Istituto – sulla scorta delle sentenze esaminate – ritiene che la figura dell’amministratore delegato al quale siano conferite specifiche e limitate deleghe e che agisca in presenza di altri organi delegati, non sia ostativa all’instaurazione di un genuino rapporto di lavoro.
- Socio unico e socio (non unico)
Da escludere, invece, è la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato in capo all’unico socio di una società di capitali poiché la concentrazione della proprietà delle azioni in capo ad un solo soggetto esclude in nuce la sua effettiva soggezione alle direttive di un organo societario, assurgendo a “sovrano” della società stessa.
Diverso, invece, il caso del socio (non unico) di una società di capitali. In capo a tale figura, anche in presenza di un contemporaneo incarico di amministratore, non è infatti astrattamente possibile configurare un autonomo rapporto di lavoro subordinato previo il concreto accertamento dello svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti al rapporto organico, contraddistinte in ogni caso dai caratteri tipici della subordinazione.
Prova della cumulabilità tra carica sociale e rapporto di lavoro subordinato
L’Istituto concentra, infine, la propria analisi sulla prova che deve fornire in giudizio il soggetto che voglia far valere il vincolo di subordinazione in presenza di un rapporto di tipo unicamente gestorio.
Prendendo le mosse dalle decisioni della giurisprudenza di legittimità, l’INPS precisa che la cumulabilità tra carica sociale e rapporto di lavoro subordinato presuppone la prova delle seguenti condizioni:
- l’affidamento del potere deliberativo della Società ad un organo collegiale diretto a formare la volontà dell’ente sia all’interno che verso l’esterno;
- la sussistenza del vincolo della subordinazione anche, eventualmente, nella forma attenuata del lavoro dirigenziale, e in particolare la soggezione del lavoratore ad un effettivo potere di supremazia gerarchica di un altro soggetto;
- la sussistenza di una concreta differenziazione tra le attività svolte dal soggetto interessato quale lavoratore subordinato e quale amministratore.
In tale contesto, precisa l’INPS, verranno poi valutati alcuni degli elementi distintivi della subordinazione, quali:
- la periodicità e la predeterminazione della retribuzione;
- l’osservanza di un orario contrattuale di lavoro;
- l’inquadramento all’interno di una specifica organizzazione aziendale;
- l’assenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale;
- l’assenza di rischio in capo al lavoratore;
- la distinzione tra importi corrisposti a titolo di retribuzione da quelli derivanti da proventi societari.
In sostanza, fatta eccezione per il caso del socio unico di società di capitali, l’Istituto ammette il cumulo tra la carica di amministratore e quella di lavoro subordinato purché venga fornita la prova concreta e rigorosa dello svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti al rapporto organico e contraddistinte dai caratteri tipici della subordinazione.