Così come disposto dalla Legge di bilancio 2018 (l. 205/17), dal 1. luglio i datori di lavoro e i committenti privati saranno obbligati a corrispondere ai lavoratori la retribuzione/compenso ed ogni suo anticipo con mezzi tracciabili. Non sarà più possibile pagare mediante contante e ciò indipendentemente dalla tipologia di rapporto di lavoro instaurato. La disposizione segue chiaramente una politica tesa a prevenire il riciclaggio del denaro (reato presupposto della 231) nonché a scongiurare ogni possibile abuso contro i lavoratori. A tal fine, la Legge di bilancio specifica che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce più prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione. Dal 1. luglio, dunque, i pagamenti consentiti saranno solo quelli previsti dalla Legge di bilancio, pena l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie da un minimo di 1.000 ad un massimo di 5.000 Euro. Ed in questo contesto si inserisce la recente sentenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 25979/18) allorquando afferma che, nel caso in cui i dipendenti vengano costretti ad accettare buste paga recanti importi più bassi rispetto a quanto concordato contrattualmente, a risponderne sono sia l’imprenditore personalmente sia la società ai sensi del D.Lgs. 231/01. Pertanto sarebbe opportuno implementare procedure ad hoc, da inserire all’interno del Modello 231, che traccino il flusso del pagamento delle retribuzioni/compensi.