La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22295/2017, ha statuito che il licenziamento intimato ad un lavoratore a mezzo raccomandata inviata al suo vecchio indirizzo di residenza è valido qualora lo stesso abbia omesso di comunicare nei termini di cui al CCNL il cambio di residenza. Nel caso di specie, il datore di lavoro, accortosi medio tempore del cambio di residenza della dipendente interessata, provvedeva poi ad inviarle un secondo licenziamento al nuovo indirizzo. Ed il Tribunale nonché la Corte D’Appello aditi avevano dichiarato nullo il secondo licenziamento poiché avvenuto oltre il termine di 6 giorni previsto dal CCNL di settore ed irrilevante il primo in quanto inviato all’indirizzo sbagliato. Non dello stesso avviso, però, è stata la Corte di Cassazione. Quest’ultima, proprio prendendo a riferimento la disposizione del CCNL secondo cui i lavoratori sono tenuti a comunicare gli eventuali mutamenti di residenza e di domicilio, ha osservato che detta disposizione “impone, anche in ossequio al principio di buona fede e correttezza che regola il rapporto di lavoro, che il lavoratore comunichi per iscritto eventuali successive variazioni di residenza o di domicilio in modo da rendere tempestivamente edotto il datore di lavoro dell’indirizzo ove lo stesso può essere reperibile”. Di conseguenza, a parere della Corte, il primo licenziamento deve ritenersi validamente comunicato alla lavoratrice, nei cui confronti verrebbe così ad operare una presunzione di conoscenza della corrispondenza.