La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17093/2011, ha affermato che il giudice è chiamato, da una parte, ad interpretare l’elasticità che la norma sul licenziamento per «giustificato motivo soggettivo» gli offre (così come per la «giusta causa») per adeguarla a un contesto sociale in continua evoluzione; dall’altra, però, la valutazione sulla futura affidabilità del lavoratore, alla base della decisione di negare la legittimità al licenziamento, non può sconfinare nell’imposizione all’imprenditore di scelte organizzative che altrimenti non avrebbe fatto. Ciò, in quanto si tratterebbe di un intervento in conflitto con i principi costituzionali in base ai quali l’assetto organizzativo dell’impresa è, di regola, insindacabilmente stabilito dal datore di lavoro e il giudice non può vincolarlo a cambiamenti forzati.