La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3486/2015, in riferimento a un licenziamento intimato nell’ambito della tutela reale prima della riforma Fornero, ha statuito che dal risarcimento del danno complessivamente dovuto al lavoratore, che si misura in termini di retribuzioni perdute dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione, vanno detratte le mensilità che il dipendente avrebbe percepito se avesse accettato l’offerta dell’azienda di un nuovo impiego. Viene, dunque, limitato alla misura minima di 5 mensilità l’indennizzo risarcitorio a favore del dipendente a seguito della sentenza che dichiarava l’illegittimità del licenziamento e ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro perché il medesimo lavoratore non aveva accettato, a due mesi di distanza dal recesso, la proposta transattiva dell’azienda di ricostituire il rapporto mediante l’attribuzione di nuove mansioni. La Cassazione ha ritenuto che la proposta, non accettata dal dipendente, si inquadrasse nel principio del c.d. aliunde percipiendum, secondo il quale dalla misura del risarcimento devono essere detratte le somme che il lavoratore avrebbe potuto percepire, nelle more del giudizio, attivandosi con diligenza nella ricerca di un’occupazione alternativa.