La Corte di Cassazione, con sentenza n. 19922 del 5 ottobre 2016, ha confermato l’illegittimità del licenziamento per giusta causa del lavoratore, addetto all’attività di sorveglianza privata, che aveva omesso di eseguire tutte le ispezioni di cui era stato incaricato. L’illecito disciplinare era stato accertato dal datore di lavoro sulla base dei dati raccolti con il sistema satellitare GPS installato nella vettura utilizzata dallo stesso lavoratore e con il sistema patrol manager. Al pari di quanto sostenuto dalla Corte territoriale, la Suprema Corte ha affermato l’inutilizzabilità della prova offerta dal datore di lavoro poiché gli accordi sindacali sottoscritti – costituendo i due sistemi una forma di controllo a distanza e pertanto rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 4 St. Lav. – prevedevano espressamente la loro non utililizzabilità per il controllo a distanza dei lavoratori. Né tantomeno, a parere della Corte, si può ritenere, come eccepito da parte datoriale, che si trattasse di un controllo difensivo, in quanto «non possono considerarsi “difensivi” meccanismi di controllo generalizzati e controlli che sono stati predisposti prima ancora dell’emergere di qualsiasi sospetto» ossia, ex ante rispetto al sorgere del sospetto della commissione dell’illecito disciplinare. Il principio di diritto che precede è stato pronunciato dalla Suprema Corte sulla scorta del disposto di cui all’art. 4 St. Lav. nella versione precedente alla novella attuata dal Jobs Act. Con la nuova formulazione della norma sembrerebbe possibile utilizzare come fonti di prova anche sistemi di controllo generalizzati e predisposti ex ante nei limiti di cui ai commi 1 e 2 e nel rispetto delle condizioni di cui al comma 3 dell’art. 4 St. Lav.