Con sentenza n. 9635, depositata in data 11 maggio 2016, la Corte di Cassazione ha affermato che la nozione di insubordinazione non può essere limitata al rifiuto di adempiere alle disposizioni impartite dal datore di lavoro, ma si estende a qualsiasi comportamento atto ad arrecare pregiudizio all’organizzazione aziendale. Orbene, secondo la Suprema Corte, l’insulto rivolto al superiore gerarchico, oltre a contravvenire alle esigenze di tutela della persona ex art. 2 Cost., può “essere di per sé suscettibile di arrecare pregiudizio all’organizzazione aziendale, dal momento che l’efficienza di quest’ultima riposa (…) sull’autorevolezza di cui godono i suoi dirigenti e quadri intermedi e tale autorevolezza non può non risentire un pregiudizio allorché il lavoratore, con toni ingiuriosi, attribuisca loro qualità manifestatamente disonorevoli”. Ciò a prescindere dal fatto che la condotta in esame sia o meno tipizzata dal CCNL come ipotesi di giusta causa, in quanto la nozione di “giusta causa” è una nozione legale e non può il giudice ritenersi vincolato dalle previsione del CCNL. A parere della Corte il giudice può, infatti, ravvisare la sussistenza della giusta causa in un grave inadempimento o comportamento del lavoratore contrario alle norme etiche e del comune vivere civile, ove esso leda il rapporto fiduciario tra le parti.