La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17921 del 12 settembre 2016, ha affermato che, nel caso in cui il patto di prova apposto al contratto di lavoro sia affetto da un vizio di nullità, il recesso del datore di lavoro è sottoposto all’applicazione della tutela contro i licenziamenti illegittimi. La Suprema Corte ha così ribaltato la prospettiva offerta dalla Corte di Appello, secondo la quale alla nullità del patto di prova doveva conseguire, in modo automatico, la ricostituzione del rapporto di lavoro ed il risarcimento del danno in misura pari alle retribuzioni maturate dalla data del recesso sino alla reintegrazione. La Corte di Cassazione ha enunciato, infatti, il seguente principio di diritto: “il licenziamento intimato sull’erroneo presupposto della validità del patto di prova, in realtà affetto da nullità, riferendosi ad un rapportodi lavoro subordinatoa tempo indeterminato, non è sottratto alla applicazione della disciplina limitativa dei licenziamenti, per cui la tutela da riconoscere al prestatore di lavoro sarà quella prevista dalla L. n. 300 del 1970, art. 18, qualora il datore di lavoro non alleghi e dimostri la insussistenza del requisito dimensionale, o quella riconosciuta dalla L. n. 604 del 1966, in difetto delle condizioni necessarie per la applicabilità della tutela reale”.