Con sentenza n. 15 del 7 gennaio 2015, la Corte di Cassazione ha affermato che risulta sproporzionato e, quindi, illegittimo il licenziamento intimato a un lavoratore, che usufruiva di un alloggio del datore di lavoro a condizioni estremamente vantaggiose, per non avere comunicato di essere, a sua volta, già proprietario di altri beni immobili al fine di continuare a beneficiare dell’alloggio messo a disposizione dal datore di lavoro. In particolare, la Corte di Cassazione ha riconosciuto l’esistenza degli addebiti mossi in sede disciplinare al lavoratore e ne ha censurato il comportamento contrario ai canoni della correttezza e buona fede, ma ha ritenuto che, alla luce di un giudizio di proporzionalità sulla gravità dei fatti oggetto di contestazione, il licenziamento risulti eccessivo e, dunque, sproporzionato con conseguente applicazione della tutela reale. E’ interessante osservare che, alla luce della nuova disciplina sul contratto di lavoro a tutele crescenti, una sentenza di reintegrazione nel posto di lavoro, in presenza di analoga dinamica processuale, non sarebbe stata possibile: il decreto attuativo presentato dal Governo il 24 dicembre 2014 prevede che esclusivamente nell’ipotesi di licenziamento disciplinare in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale posto a base della contestazione, il giudice annullerà il licenziamento e condannerà il datore di lavoro alla reintegrazione. In tutte le altre ipotesi in cui sia confermato il giudizio di illegittimità del licenziamento, viceversa, il lavoratore potrà beneficiare esclusivamente di una tutela indennitaria.