La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21 del 4 gennaio 2016, ha affermato che scatta il vizio di omessa pronuncia per il giudice, anche di appello, il quale dichiari illegittimo un licenziamento intimato per giusta causa senza aver verificato d’ufficio la possibilità di convertirlo in licenziamento per giustificato motivo soggettivo. In particolare la Suprema Corte ritiene che la giusta causa ed il giustificato motivo soggettivo di licenziamento costituiscono mere qualificazioni giuridiche di comportamenti ugualmente idonei a legittimare la cessazione del rapporto di lavoro, e ciò, in generale, abilita il giudice a convertire un licenziamento per giusta causa in termini di licenziamento per giustificato motivo soggettivo. Ma non solo. Sempre secondo la Corte il giudice, anche in secondo grado, sarebbe chiamato d’ufficio a riqualificare, ove sussistano i presupposti, il provvedimento espulsivo. Ciò in quanto nella domanda avente per oggetto l’accertamento della legittimità della risoluzione del rapporto per giusta causa si ritiene compresa la minor domanda concernente l’accertamento della risoluzione dello stesso per la sussistenza di un giustificato motivo soggettivo. In tal modo la Corte di Cassazione ha confermato quanto già statuito sul punto con una precedente pronuncia del 2008.