La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15226 del 22 luglio 2016, ha respinto il ricorso presentato da una lavoratrice avverso la sentenza della Corte d’Appello che aveva dichiarato legittimo il licenziamento disciplinare intimatole per assenza ingiustificata, poiché non aveva comunicato il certificato di malattia. Nella prospettazione della lavoratrice, ella si era recata dal medico curante per ottenere un certificato di prolungamento della malattia scaduta, il quale era risultato assente e la sua sostituta aveva provveduto ad inviare al sito dell’INPS la relativa certificazione. Tuttavia i giudici di merito avevano rilevato che (i) la lavoratrice non aveva prontamente comunicato al datore, così come previsto dal CCNL di settore, la sua assenza e (ii) la relativa certificazione non era mai pervenuta all’Istituto né era stata fornita alcuna prova del fatto che la sostituta avesse tentato l’invio telematico. Secondo la Corte, infatti, il concetto di assenza ingiustificata, richiamato a fondamento del licenziamento, non riguarda solo «la mancanza di ragione giustificativa in senso assoluto» ma anche «la mancata rituale comunicazione al datore di lavoro dell’esistenza della malattia o del suo prolungamento». L’aver richiesto al medico il certificato non esaurisce, quindi, l’obbligo di diligenza, dovendo il lavoratore segnalare tempestivamente al datore di lavoro la propria assenza e verificare il corretto esito della procedura telematica di trasmissione del certificato attestante lo stato morboso. Il lavoratore, infatti, è solo esonerato dall’obbligo di inviare il certificato in forma cartacea, essendo stato questo adempimento sostituito dalla trasmissione telematica all’Istituto da parte del medico curante.