La Corte di Cassazione, con sentenza n. 13266 del 28 maggio 2018, ha dichiarato legittimo il licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore per aver utilizzato durante l’orario di lavoro il computer concessogli in dotazione per finalità extra-lavorative. Nel caso di specie la società datrice aveva avviato – a seguito di segnalazione del direttore tecnico, che aveva sorpreso il lavoratore intento ad utilizzare il computer per attività ludiche – un’indagine retrospettiva da cui emergeva che lo stesso era solito giocare “al computer dell’ufficio” (gioco a Free Cell). Il lavoratore impugnava giudizialmente il recesso intimatogli, ritenendo che il datore di lavoro avesse effettuato controlli utilizzando una password universale esigente il previo accordo sindacale o, in mancanza, l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro (art. 4 Legge n. 300/70). I giudici di legittimità, aderendo alle conclusioni della Corte di Appello territorialmente competente, hanno affermato che l’applicazione delle garanzie procedimentali di cui all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori è ammessa nel caso in cui i controlli a distanza abbiano ad oggetto l’esatto adempimento della prestazione lavorativa e non anche quando gli stessi (come nel caso di specie) mirino ad accertare il compimento di comportamenti illeciti dei lavoratori lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale. Al riguardo la Suprema Corte ha evidenziato che l’applicazione di tali garanzie procedimentali deriva da un non sempre agevole bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, e le irrinunciabili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, con un contemperamento che non può prescindere dalle circostanze del caso concreto. Ed in tale ambito, come affermato anche dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, il giusto equilibrio tra i contrapposti interessi deve essere effettuato nel rispetto dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e della tutela del diritto del lavoratore al rispetto della vita privata mediante la previa informativa datoriale del possibile controllo delle sue comunicazioni, anche via internet. Ed è partendo da questo assunto che secondo la Corte esorbita dal campo di applicazione della norma statutaria il caso in cui il datore abbia posto in essere verifiche dirette ad accertare comportamenti illeciti e lesivi di beni estranei al rapporto di lavoro tanto più se si tratta di controlli ex post. Ciò in quanto detti controlli vengono eseguiti dopo l’attuazione del comportamento addebitato al dipendente così da prescindere dalla pura e semplice sorveglianza sull’esecuzione della sua prestazione lavorativa.