La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15523/2018, ha avuto modo di chiarire, nuovamente, alcuni profili rilevanti del licenziamento intimato a conclusione di un procedimento disciplinare ex art. 7 della L. 300/1970. I giudici della Suprema Corte, infatti, sono tornati sulla annosa e controversa questione relativa alla possibilità di ricondurre il fatto contestato con la lettera di avvio del procedimento disciplinare ad una diversa ipotesi disciplinare. Sul punto la Corte ha ricordato come tale possibilità non sia preclusa in quanto si tratterebbe esclusivamente di un diverso apprezzamento di uno stesso fatto oggetto di contestazione, in relazione al quale il lavoratore ha, quindi, avuto modo di esercitare il proprio diritto di difesa. Contrariamente, è stato anche ribadito come al datore di lavoro sia preclusa la possibilità di addurre circostanze fattuali nuove e/o ulteriori rispetto a quelle oggetto della contestazione, in quanto tale condotta lederebbe, irrimediabilmente, il diritto di difesa del lavoratore che non avrebbe, in questo modo, occasione di presentare le proprie giustificazioni in relazione a tali circostanze. La Suprema Corte conferma così il suo orientamento secondo il quale è necessario che vi sia una piena coincidenza tra i fatti contestati e quelli posti a fondamento del licenziamento disciplinare.