La Corte di cassazione, con la sentenza n. 7581 del 27 marzo 2018, è tornata ad occuparsi dello spinoso tema del cd. diritto di accesso agli atti nel contesto di un procedimento disciplinare. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano ritenuto illegittimo il licenziamento intimato ad un dipendente per aver partecipato ad udienze ai fini della pratica forense, in più giornate in cui risultava assente per malattia oppure presente in servizio. A fondamento della propria impugnazione il lavoratore poneva il diniego da parte del datore di lavoro di mettere a sua disposizione i documenti posti a base dell’addebito, necessari per il corretto esercizio del proprio diritto di difesa, essendo i fatti risalenti nel tempo e relativi a condotte sporadiche tali da impedirgli di ricordare i singoli episodi. La Corte, nel confermare la pronuncia di merito, ha affermato che, seppure l’art. 7 della Legge n. 300/1970 non preveda in capo al datore di lavoro l’obbligo di mettere a disposizione del lavoratore nei cui confronti sia stata elevata una contestazione disciplinare la documentazione su cui essa si basa, lo stesso “è tenuto ad offrire in consultazione all’incolpato i documenti aziendali. Laddove l’esame degli stessi sia necessario al fine di permettere a controparte una adeguata difesa, in base ai principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto”. L’orientamento espresso risulta pienamente conforme al principio per cui non deve limitarsi il diritto di difesa del lavoratore nel contesto di un procedimento disciplinare, pena la illegittimità del licenziamento all’esito eventualmente intimato.