La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21062 dell’11 settembre 2017, è intervenuta sul tema della giusta causa di licenziamento che era stata confermata nel primo grado di giudizio tenutosi presso il Tribunale di Campobasso, salvo poi essere esclusa dai giudici del gravame che avevano invece riscontrato la legittimità del recesso datoriale per proporzionalità tra fatto contestato e sanzione disciplinare applicata. Nello specifico, la Corte di Cassazione – pur confermando che il giudice, nella valutazione della motivazioni del licenziamento, non è vincolato alle tipizzazioni di giusta causa contenute nella contrattazione collettiva, dovendo compiere un accertamento in relazione alla gravità dei fatti, alle circostanze nelle quali è stato commesso ed all’intensità del profilo intenzionale – ha rilevato come lo stesso non possa in ogni caso procedere ad un’autonoma valutazione della gravità di un comportamento previsto dalla contrattazione collettiva come integrante una infrazione disciplinare a cui corrisponde una sanzione conservativa. In sostanza perché un lavoratore possa essere licenziato disciplinarmente occorre che il fatto addebitatogli non sia punito dal Contratto Collettivo di settore con una sanzione conservativa.