La Corte di Cassazione, con sentenza n. 25649 del 27 ottobre 2017, ha dichiarato illegittimo, persecutorio e vessatorio, il licenziamento intimato ad un dipendente “per ragioni organizzative”, consistenti nella intervenuta decisione di esternalizzare il sistema informatico a cui egli era a capo. Il lavoratore nell’impugnare giudizialmente il recesso aveva provato che il sistema informatico in realtà era stato utilizzato in azienda fino a quasi due anni dopo il suo licenziamento. Ciò, facendo venir meno quella improcastinabile riorganizzazione del servizio addotta a fondamento del provvedimento espulsivo in esame. Infatti, sul punto la Corte di Cassazione ha riconfermato il seguente principio di diritto: “il giustificato motivo oggettivo di cui all’art. 3 legge n. 604 del 1966 deve essere valutato sulla base degli elementi di fatto realmente esistenti al momento della comunicazione del recesso, e non su circostanze future ed eventuali”. Come se non bastasse nel caso di specie era emerso che il responsabile del sistema informatico aveva avuto, un mese prima l’espulsione, un colloquio con l’amministratore delegato nel corso del quale gli era stato preannunciato che sarebbe stato licenziato poiché “nessuno lo sopportava più in azienda”. Il datore di lavoro è stato quindi condannato a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro, oltre al risarcimento in via generica del danno per licenziamento ingiurioso, persecutorio e vessatorio.