La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6792 del 21 marzo 2018, si è occupata della completezza della comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo ex art. 4 L. 223/1991. Nello specifico la Corte, in conformità con la posizione dei giudici di merito, ha osservato che detta comunicazione rappresenta un adempimento essenziale per la proficua partecipazione da parte del sindacato alla cogestione della crisi e per la trasparenza del processo decisionale del datore di lavoro. Da ciò ne consegue che il lavoratore può legittimamente far valere l’incompletezza della comunicazione quale vizio del licenziamento intimatogli e che il successivo raggiungimento di un accordo sindacale non sana di per sé il deficit informativo. A parere della Corte, i doveri di informazione devono accompagnare l’inizio della procedura con la comunicazione di tutte le ragioni che determinano la situazione di eccedenza nonché il numero, la collocazione aziendale ed i profili professionali del personale considerato in esubero. Solo così, secondo la Corte, si può verificare la connessione tra le esigenze aziendali e l’individuazione del personale da licenziare. E nel caso di specie i reali motivi del ridimensionamento erano da ravvisarsi non solo nel generico calo di fatturato così come riportato nella comunicazione ma anche nel progetto di fusione deliberato. Sul punto, se è vero che, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., è fatta salva la facoltà per il datore di lavoro cedente di intimare i licenziamenti ritenuti necessari, ciò non esclude l’obbligo, una volta adottata la scelta di procedere con una riduzione del personale, di rispettare gli obblighi di comunicazione agendo in maniera trasparente così da consentire alle parti sociali di svolgere la funzione di garanzia che la legge loro demanda.