Il Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, con sentenza del 30 aprile 2015 si è pronunciato in un procedimento promosso da un dirigente che ha impugnato il licenziamento per giusta causa intimato all’esito di un procedimento disciplinare avviato dal datore di lavoro (i.e. una società di gestione del risparmio) per aver il dirigente gravemente compromesso i rapporti con gli investitori dei fondi di investimento gestiti.
Nel proprio ricorso, in via principale, il dirigente ha chiesto che il giudice adito dichiarasse la nullità dell’atto espulsivo in quanto intimato per rappresaglia, ne accertasse il carattere ingiurioso e condannasse la società datrice di lavoro alla sua reintegrazione, al pagamento della retribuzione maturata dal licenziamento al reintegro, oltre che al risarcimento di danni professionali e non patrimoniali.
In via subordinata, invece, il dirigente ha richiesto la condanna del datore di lavoro al pagamento del preavviso e dell’indennità supplementare prevista dal CCNL dirigenti applicato al rapporto di lavoro.
A sostegno della propria tesi il dirigente ha altresì sostenuto che il licenziamento fosse illegittimo stante l’afferenza dei fatti contestati alle prerogative del C.d.A. della società datrice di lavoro (nello specifico alla carica di amministratore delegato dallo stesso ricoperta) e non a quelle di dirigente.
La Società ha invece sostenuto che le contestazioni avanzate al dirigente fossero specifiche, tempestive ed afferenti sia alle prerogative proprie dell’amministratore delegato che a quelle di dirigente.
Il Giudice ha rigettato il ricorso ritenendo tutti gli addebiti mossi al dirigente provati e di gravità tale da non consentire la prosecuzione del rapporto.
Il Giudice ha altresì preso posizione rispetto alle deduzioni del dirigente rispetto all’afferenza dei fatti contestati alle prerogative del C.d.A. della società datrice di lavoro e non a quelle di dirigente.
Sul punto, il Giudice ha sostenuto che, sebbene i fatti posti a fondamento delle diverse contestazioni potessero in parte coincidere (ndr. con la carica di A.D. e la posizione di dirigente), gli stessi andavano però valutati unicamente da un punto di vista giuslavoristico e quindi rispetto alla possibile lesione del vincolo fiduciario che la commissione dei comportamenti contestati aveva determinato.