La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21667 del 19 settembre 2017, ha affermato che lo svolgimento da parte del dipendente malato di una attività lavorativa durante la malattia non sempre giustifica un licenziamento in tronco. I giudici di legittimità nel decidere in tal senso hanno richiamato quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’espletamento di attività lavorativa in costanza di malattia costituisce illecito disciplinare allorquando (i) faccia presumere l’assenza della malattia stessa oppure (ii) pregiudichi o ritardi la guarigione ed il conseguente rientro in servizio. Con specifico riferimento al caso in esame la Cassazione ha chiarito che la condotta del dipendente malato – consistente nell’essersi recato con la propria autovettura presso l’esercizio commerciale del figlio per svolgervi attività operative, quali quelle relative allo spostamento di piccoli carichi nonché alla movimentazione di una saracinesca – non ha costituito di per sé violazione dei doveri di correttezza e buona fede cui lo stesso deve sottostare al fine di non ritardare la guarigione. Ciò in quanto l’attività extra lavorativa del dipendente malato era così modesta da poter essere posta in essere senza attentare alla integrità fisica e, dunque, senza poter procrastinare inutilmente i termini di guarigione, con conseguente illegittimità del recesso datoriale adottato nei suoi confronti.