La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14871 del 15 giugno 2017, richiamando un proprio orientamento giurisprudenziale, ha affermato che, nell’ambito di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ai fini della configurabilità dell’ipotesi di soppressione della posizione non è necessario che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere diversamente ripartite ed attribuite “secondo insindacabile scelta imprenditoriale”. Ciò in quanto, a parere della Cassazione, proprio nella nozione di licenziamento per giustificato motivo oggettivo è riconducibile anche l’ipotesi del riassetto organizzativo dell’azienda al fine di una sua più economica gestione decisa dall’imprenditore “non semplicemente per un incremento di profitto ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, imponendo una effettiva necessità di riduzione dei costi”. Pertanto, il giudice non può sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, spettandogli solo il potere di controllare la reale sussistenza del motivo addotto a fondamento del provvedimento espulsivo, ossia l’effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato.