La terza sezione del Tar Lombardia, con l’ordinanza n. 246/2016, affronta il tema della rilevanza disciplinare del giudizio espresso dal dipendente pubblico in un social network, anche se effettuato come utente privato dello stesso. Nel caso in esame un agente penitenziario è stato sospeso dal servizio per un mese per essere intervenuto in una discussione su Facebook, mettendo “mi piace” alla notizia postata da altri e concernente un suicidio avvenuto all’interno della struttura carceraria a cui era addetto. I Giudici amministrativi aditi, nel confermare la legittimità del provvedimento, hanno chiarito che anche un semplice like messo in un thread su Facebook che nuoce all’immagine dell’amministrazione datrice assume rilevanza disciplinare, specie se sotto tale post vi sono anche “commenti riprovevoli” sulla vicenda (come nella fattispecie in esame). In tal caso quell’unico “mi piace”, a parere della Cassazione, mette in imbarazzo la datrice di lavoro. Orbene, tenendo conto delle nuove modalità di linguaggio introdotte dai social network, nutrite saranno le interpretazioni giurisprudenziali in una materia così delicata, nella quale si confrontano interessi parimenti importanti e di rango costituzionale, quali la libertà di espressione e il diritto alla "vita privata", per un verso, ed interessi pubblici afferenti alla sicurezza dei cittadini ed al buon andamento dell’amministrazione, per altro verso.