La Corte di Cassazione, con sentenza n. 23503 del 9 ottobre 2017, ha ritenuto validamente perfezionato il licenziamento avvenuto “mediante lettura dell’intimazione scritta effettuata al cospetto del destinatario (ndr nel caso di specie dirigente) resosi indisponibile a riceverne una copia”. Sul punto la Corte, richiamando alcuni precedenti conformi, ha precisato che “il rifiuto del destinatario di un atto unilaterale recettizio di ricevere l’atto stesso non esclude che la comunicazione debba ritenersi regolarmente avvenuta”, anche in quanto “il rifiuto di ricevere l’atto di licenziamento non può risolversi a danno dell’obbligato”. Tuttavia, nel caso di specie, la Corte di Cassazione, facendo leva sul proprio consolidato orientamento circa la distinzione tra “giustificatezza” e “giustificato motivo” di licenziamento, ha ritenuto il recesso ‒ seppur validamente perfezionato ‒ ingiustificato, poiché non corrispondente alla realtà l’impossibilità di assegnare il dirigente ad altro incarico. Infatti, sostiene la Corte, se è vero che il licenziamento del dirigente è assistito da un regime di libera recedibilità del datore di lavoro, esso tuttavia non può essere il frutto di scelte imprenditoriali arbitrarie. Di conseguenza, analogamente a quanto già statuito in passato la Corte ha affermato che “una volta che sia esplicitata dal datore di lavoro la ragione posta a giustificazione causale della risoluzione del rapporto di lavoro ed in giudizio si accerta invece che la ragione indicata non sussiste, il recesso può essere dichiarato illegittimo dal giudice del merito non per un sindacato su discrezionali opzioni imprenditoriali, bensì per una valutazione concreta sulla mancanza di veridicità o sulla pretestuosità della ragione formalmente addotta”.