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Il dirigente e l’irrinunciabilità del diritto alle ferie (Modulo24 Contenzioso del Lavoro de Il Sole 24 Ore, 4 luglio 2022 – Vittorio De Luca, Marco Giangrande)

Categorie: DLP Insights, Prassi | Tag: indennizzo, Diritto alle ferie

14 Lug 2022

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13063 del 26 aprile 2022, ha enunciato il principio secondo cui “il potere del dirigente (…) di organizzare autonomamente il godimento delle proprie ferie, pur se accompagnato da obblighi previsti dalla contrattazione collettiva di comunicazione al datore di lavoro della pianificazione delle attività e dei riposi, non comporta la perdita del diritto, alla cessazione del rapporto, all’indennità sostitutiva delle ferie se il datore di lavoro non dimostra di avere, in esercizio dei propri doveri di vigilanza ed indirizzo sul punto, formalmente invitato il lavoratore a fruire delle ferie e di avere assicurato altresì che l’organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento“.

La Suprema Corte torna così sul tema dell’irrinunciabilità del diritto alle ferie, fornendo alcune precisazioni in ordine agli adempimenti cui è chiamato il datore di lavoro e alla ripartizione dell’onere della prova, in continuità con il principio di diritto già affermato nella sentenza n. 13613/2020 e focalizzandone ulteriormente il contenuto, sulla scia delle pronunce della Corte di Giustizia Europea.

Infatti, i Giudici di legittimità hanno dato continuità al principio di diritto espresso di recente, secondo cui rispetto alle ferie “il dirigente il quale, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non ne abbia fruito, ha diritto a un’indennità sostitutiva, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo messo nelle condizioni di esercitare il diritto in questione prima di tale cessazione, mediante un’adeguata informazione nonché, se del caso, invitandolo formalmente a farlo” (cfr. Cass. 2 luglio 2020, n. 13613).

È ben noto che, in passato, si era consolidato un diverso orientamento, in forza del quale “il lavoratore con qualifica di dirigente che abbia il potere di decidere autonomamente, senza alcuna ingerenza da parte del datore di lavoro, circa il periodo nel quale godere delle ferie, ove non abbia fruito delle stesse non ha diritto ad alcun indennizzo, in quanto se il diritto alle ferie è irrinunciabile, il mancato godimento imputabile esclusivamente al dipendente esclude l’insorgenza del diritto all’indennità sostitutiva, salvo che il lavoratore non dimostri la ricorrenza di eccezionali ed obiettive esigenze aziendali ostative a quel godimento” (nel lavoro privato Cass. 7 giugno 2005, n. 11786; Cass. 7 marzo 1996, n. 179; nel lavoro pubblico, Cass., S.U., 17 aprile 2009, n. 9146).

Secondo la Corte di Cassazione, il principio enunciato trova fondamento nella posizione assunta dalla giurisprudenza comunitaria, che ha ravvisato la necessità di “evitare una situazione in cui l’onere di assicurarsi dell’esercizio effettivo del diritto alle ferie annuali retribuite sia interamente posto a carico del lavoratore”. In questo senso, è necessario che il lavoratore sia invitato “se necessario formalmente” a fruire delle ferie e nel contento sia informato “in modo accurato e in tempo utile che se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento“.

Da ultimo, sul piano processuale, la Corte ha affermato che l’onere della prova incombe sul datore di lavoro, con la conseguenza che la perdita del diritto del dirigente non può aversi, ove il datore non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché lo stesso sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto.

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