Il Tribunale di Bologna, con la sentenza 2759 del 23 aprile 2020, ha chiarito la corretta applicazione e portata dell’articolo 39 del Decreto Legge 17/2020 (cd. “Decreto Cura Italia”), convertito nella Legge 27/2020, affermando che il lavoratore disabile ha il diritto di svolgere la propria attività in modalità di lavoro agile.
I fatti di causa
Una lavoratrice nel mese di marzo aveva richiesto, stante il proprio stato di invalidità, di essere collocata in modalità lavorativa agile per il periodo dell’emergenza da coronavirus. A sostegno della propria domanda la lavoratrice allegava documentazione medica attestante un’invalidità in misura del 60 per cento. Inoltre, la stessa evidenziava di avere una figlia affetta da disabilità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 104/1992.
La società datrice di lavoro rispondeva alla lavoratrice che al momento sarebbe stata collocata in cassa integrazione e che alla ripresa dell’attività lavorativa sarebbero state prese in esame le richieste di collocamento in modalità di lavoro agile pervenute. Tuttavia, alla ripresa dell’attività solo ad alcuni dipendenti veniva concessa la possibilità di lavorare in modalità di lavoro agile e non alla stessa.
Da qui il ricorso sottoposto al Giudice del Lavoro, in via d’urgenza ex articolo 700 cod. proc. civ., finalizzato da un lato, ad accertare l’illegittimità della decisione assunta dalla società e, dall’altro, il diritto a poter prestare l’attività lavorativa in modalità agile.
La decisione del Tribunale
Le fonti normative che si sono succedute negli ultimi mesi per fronteggiare l’emergenza pandemica in corso hanno individuato talune categorie di lavoratori a cui è riconosciuto il diritto o la priorità al lavoro agile.
In particolare, hanno diritto al lavoro agile. i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 104/1992 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui al predetto articolo e hanno, invece, la priorità i lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa.
Sulla base delle disposizioni normative sopra richiamate, il Tribunale di Bologna ha ritenuto sussistente il diritto della ricorrente a essere collocata in modalità lavorativa agile qualificando la stessa come soggetto “fragile” sia per lo stato di invalida sia per aver a proprio a carico una figlia affetta da grave disabilità. Condizioni queste, sufficienti a giustificare la sussistenza del requisito del fumus boni iuris.
Mentre, per quanto concerne la sussistenza del periculum in mora il giudice di merito ha stabilito che sia la lavoratrice che la figlia sono “gravemente esposte al rischio di contagio, anche in forma grave, e l’emergenza sanitaria è ancora in corso. Vi è più che fondato timore di ritenere che lo svolgimento della attività di lavoro in modalità ordinarie, uscendo da casa per recarsi al lavoro, esponga la ricorrente, durante il tempo occorrente per una pronuncia di merito, al rischio di un pregiudizio imminente ed irreparabile per la salute sua e della figlia convivente”.
Su tali presupposti, il Tribunale di Bologna ha accolto il ricorso della lavoratrice ed ordinato alla società di consentirle lo svolgimento delle proprie mansioni in modalità di lavoro agile., riconoscendo come sussistente la compatibilità della modalità agile del lavoro con le caratteristiche della prestazione. Ciò sull’assunto che la ricorrente già utilizzava ordinariamente telefono e strumenti informatici.
Il precedente del Tribunale di Grosseto
Sul tema del lavoro agile. ai tempi del COVID-19 si è anche pronunciato il Tribunale di Grosseto con l’ordinanza 23 aprile 2020. A parere del Tribunale i numerosi provvedimenti emergenziali emanati allo scopo di prevenire la sua diffusione hanno considerato il ricorso al lavoro agile, disciplinato in via generale dalla legge 81/2017, come una priorità.
Pertanto, il datore di lavoro, laddove sia nelle condizioni di applicarlo, non può imporre, come nel caso di specie, al dipendente (disabile) la fruizione delle ferie. Il ricorso alle ferie, secondo il Tribunale, “non può essere indiscriminato, ingiustificato o penalizzante, soprattutto laddove vi siano titoli di priorità per ragioni di salute”.
Per completezza si segnala che il sempre maggior rilievo del lavoro agile in questo contesto epidemiologico è stato, da ultimo, confermato dal Decreto Rilancio. In particolare, detto Decreto ha riconosciuto, fino alla cessazione dello stato di emergenza e, comunque non oltre il 31 dicembre 2020, il diritto al lavoro agile ai genitori con figli di età inferiore a 14 anni, le cui mansioni siano compatibili con tale modalità di lavoro. Ciò a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore.
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