Il Tribunale di Roma, con la recentissima ordinanza n. 5961 del 21 gennaio 2021, torna ad affrontare limiti e condizioni per l’uso del lavoro agile. Nel contesto emergenziale in corso, l’accesso al lavoro agile è stato reso particolarmente flessibile in capo alla generalità dei lavoratori, anche attraverso una forte riduzione delle formalità richieste.
In tal senso, oltre ad un’impostazione generalmente orientata a favorire il lavoro agile durante lo stato di emergenza, in taluni casi si è previsto persino il diritto di talune categorie di lavoratori di rendere la prestazione da remoto e, specularmente, l’obbligo dei relativi datori di lavoro di riceverla con queste modalità. È quanto ha previsto infatti il Decreto Cura Italia, nel riconoscere ai lavoratori disabili o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità il diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile (art. 39 D.L. 18/2020 convertito con modificazioni dalla Legge n. 24 aprile 2020, n. 27).
Diritto, in questo caso, ovviamente condizionato alla compatibilità tra le mansioni e la prestazione a distanza. In questo contesto normativo, il Tribunale di Roma è stato chiamato a esprimersi in via d’urgenza sul caso di una lavoratrice di azienda che, dopo lungo periodo di assenze per congedi a vario titolo ed essendo stata adibita da ultimo a mansioni di addetta alla compliance aziendale (non ancora esercitate per via delle continuative assenze), chiedeva di poter rendere la prestazione in regime di lavoro agile dovendo accudire un parente disabile, essendole stato ciò negato dal datore di lavoro.
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