Lo scarso rendimento o “poor performance” consiste in un inadempimento del lavoratore alla sua
obbligazione principale, ossia di svolgere la prestazione lavorativa, e si configura, secondo
l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, come un giustificato motivo soggettivo di
licenziamento. Di recente, la Corte di Cassazione, Sezione lavoro., con sentenza n. 1584 del 19
gennaio u.s., ha ribadito che, per poter legittimamente licenziare un lavoratore per scarso
rendimento, è necessaria la contemporanea sussistenza di due presupposti il cui onere della prova
ricade sul datore di lavoro: (i) sul piano oggettivo deve sussistere un’enorme sproporzione tra gli
obiettivi fissati per il dipendente e quanto dallo stesso effettivamente realizzato rispetto ai risultati
globali riferiti ad una media di attività tra i vari dipendenti adibiti al medesimo incarico; (ii) sul
piano soggettivo, l’imputabilità di suddetta sprorporzione a colpa del lavoratore, ossia a un
comportamento negligente del lavoratore non ascrivibile all’organizzazione del lavoro da parte
dell’imprenditore. Secondo la sentenza sopra richiamata inoltre “Lo scarso rendimento non può
essere di per sé dimostrato da plurimi precedenti disciplinari del lavoratore già sanzionati in passato
(ndr.con sanzioni conservative), perché ciò costituirebbe una indiretta sostanziale duplicazione
degli effetti di condotte ormai esaurite”.