Il Tribunale di Campobasso, con la sentenza del 10 aprile 2024, si è occupato di una tematica che, negli ultimi anni, ha assunto una sempre maggiore rilevanza nel nostro ordinamento e che è rappresentata dall’individuazione dei contratti collettivi firmati dal “sindacato maggiormente rappresentativo”.
In un contesto, infatti, in cui la normativa italiana rinvia, sempre più frequentemente, alla disciplina contenuta nei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative, la corretta identificazione di quale contratto collettivo di settore possa applicarsi, di volta in volta, nel caso concreto, risulta fondamentale ma, allo stesso tempo, non sempre agevole.
La complessità di tale opera interpretativa è stata affrontata dalla giurisprudenza italiana, la quale, negli anni, ha individuato come indici della maggiore rappresentatività
(i) la consistenza numerica delle organizzazioni sindacali,
(ii) l’equilibrata presenza in diversi settori produttivi,
(iii) un’organizzazione estesa a tutto il territorio nazionale (considerata l’ampiezza e diffusione delle relative strutture organizzative), nonché
(iv) l’effettiva partecipazione, con carattere di continuità e sistematicità, alla contrattazione collettiva (i.e. partecipazione alla formazione e stipulazione di contratti collettivi di lavoro) e alla risoluzione di vertenze individuali, plurime e collettive di lavoro.
I predetti indicatori, tuttavia, non sempre hanno permesso una veloce e agevole ricognizione dei sindacati maggiormente rappresentativi e la conseguente individuazione della contrattazione collettiva applicabile.
In tale contesto, la sentenza in commento, richiamando i principi giurisprudenziali appena esposti, ne ha integrato il ragionamento giuridico, dettando un criterio oggettivo, facilmente verificabile, e che – dati alla mano – tiene conto del sistema sindacale-contrattuale di riferimento, più che delle caratteristiche della singola organizzazione sindacale firmataria.
Nella specie, il Tribunale di Campobasso, chiamato a dirimere una controversia relativa all’applicazione del “CCNL Terziario Confcommercio” in luogo del (asseritamente non rappresentativo) “CCNL Anpit-Cisal”, ha affermato che “laddove per la medesima categoria vi sia una pluralità di contratti collettivi nazionali è necessario individuare il cd. contratto leader ” e che “per stabilire la maggiore o minore rappresentatività non si deve considerare il CCNL bensì le parti sociali, sia dal lato datoriale sia dal lato lavoratori ”.
Pertanto, ai sensi della sentenza in commento, la valutazione della maggiore rappresentatività deve riguardare ambedue le parti sociali, ossia la delegazione sindacale dei lavoratori, da una parte, e quella delle imprese, dall’altra. In altri termini, la verifica della rappresentatività comparata deve essere effettuata considerando non una singola organizzazione sindacale, ma l’intera compagine sindacale (dei lavoratori e delle imprese) che partecipa alla gestione di un determinato sistema contrattuale.
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