Con sentenza n. 12632/2021 del 12 maggio 2021, la Corte di Cassazione ha affrontato nuovamente la questione del trasferimento del dipendente per incompatibilità ambientale sul luogo di lavoro, escludendo che lo stesso integri la fattispecie di mobbing qualora l’intento dello spostamento non sia quello di perseguire il dipendente ma di ripristinare serenità sul luogo di lavoro. La pronuncia tra origine dal giudizio promosso da un comandante dei vigili del Comune di Ancona, che aveva ricorso in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito delle condotte persecutorie poste in essere dal Comune che, da ultimo, aveva trasferito il dirigente presso un diverso ufficio. La Corte di Appello di Ancona, nel confermare la decisione di primo grado, aveva ritenuto infondate le richieste del ricorrente, in particolare, con riferimento al trasferimento rilevando che questo fosse intervenuto “in un contesto di difficoltà nei rapporti interpersonali che acuivano tensioni e problematiche tanto da costituire certamente una condizione di incompatibilità ambientale“. A fronte di tale decisione il ricorrente proponeva ricorso in Cassazione. La Corte, con ordinanza n. 26684/2017, aveva accolto parzialmente il ricorso rinviando il giudizio alla Corte di Appello di Ancona la quale, in considerazione delle rilevate carenze motivazionali, avrebbe dovuto procedere a un nuovo esame della vicenda attenendosi ai principi di diritto richiamati dalla Cassazione secondo cui “l’elemento qualificante della condotta mobbizzante va ricercato non nella legittimità o illegittimità dei singoli atti bensì nell’intento persecutorio che li unifica, che deve essere provato da chi assume di avere subito la condotta vessatoria e che spetta al giudice del merito accertare o escludere, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto”.
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