Una sentenza del Tribunale di Roma riqualifica il ruolo dei content creator: cosa cambia per chi lavora sui social. Domani 26 novembre la discussione virtuale con lo studio De Luca & Partners.
L’attività degli influencer sta diventando a tutti gli effetti una professione, rendendone necessario il corretto inquadramento da un punto di vista lavoristico. Lo dimostra la recente sentenza del Tribunale di Roma che, per la prima volta in Italia, ha considerato i content creator che promuovono stabilmente e con continuità i prodotti di un’azienda, alla stregua di agenti di commercio. Una pronuncia che ha avuto e potrà avere un importante impatto tanto sugli influencer, quanto sulle aziende (c.d. preponenti) che si avvalgono dei loro servizi. «Bisogna prima di tutto distinguere gli impatti per l’uno e per l’altro» spiega l’avvocato Alessandro Ferrari, dello studio De Luca & Partners, che domani 26 novembre alle ore 8, in una virtual breakfast su The Platform dal titolo Influencers – Agenti di commercio: quanto rischia di costare un adv? (l’iscrizione è gratuita), illustreranno nel dettaglio l’impatto della sentenza del Tribunale di Roma per content creator e imprese. «Anzitutto, per gli influencer la riqualificazione in “agenti” comporta l’applicazione, al relativo rapporto, di una serie di oneri e diritti previsti dal codice civile, così come dagli accordi economici collettivi (Aec). Dalla qualificazione del rapporto in agenzia derivano, poi, speculari obblighi e prerogative in capo ai preponenti. Ci sono poi degli impatti in termini economici – tra tutti, quello relativo alla cosiddetta “indennità di fine rapporto” dovuta agli agenti – e, non meno importante, da un punto di vista contributivo, che riguardano, in misura differente, tanto l’influencer quanto il preponente».
Cosa significa per le aziende? Quali oneri devono essere pagati? «Per quanto riguarda gli oneri previdenziali, il fulcro di tutto è l’Enasarco, la fondazione a cui sia gli agenti che i preponenti si devono iscrivere e alla quale sono dovuti gli oneri contributivi – spiega la dottoressa Roberta De Felice, consulente del lavoro in HR Capital –. La quota cambia in base alla tipologia di agente, ne esistono di due tipologie: i monomandatari, cioè quelli che hanno un mandato esclusivo con il preponente, e i plurimandatari che invece hanno diversi contratti di agenzia con più preponenti. La contribuzione del 2024 è pari al 17%, di cui il 50% è a carico dell’agente e l’altro 50% a carico del preponente. Sottolineiamo che la contribuzione è dovuta non solo nel caso in cui parliamo di agenti, società di persone o ditte individuale ma anche per le società di capitali, con una specifica: in questo caso non abbiamo più la contribuzione del 17%, ma un contributo assistenziale del 4%, che decresce con l’aumentare delle provvigioni. Esistono poi una serie di corollari di adempimenti che devono essere svolti e che necessitano l’ingaggio di un soggetto che supporti le aziende nell’effettuare questi adempimenti. Non si tratta per forza di un consulente del lavoro, ma è necessario individuare una persona all’interno dell’impresa che si occupi prima di tutto di registrare la preponente all’Enasarco e di denunciare il rapporto di agenzia nonché di provvedere alla compilazione delle distinte contributive nell’apposita sezione.
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