La Cassazione del 02/11/2020, n. 24208 si sofferma nuovamente sul valore delle dichiarazioni rese in sede di accertamento ispettivo per il giudice chiamato a valutare la sussistenza dell’obbligo contributivo in capo al datore del lavoro, soprattutto nel caso in cui quest’ultimo non abbia adempiuto all’onere probatorio a suo carico.
La Suprema Corte ha ritenuto che
- “Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione […] impone infatti al ricorrente la specifica indicazione dei fatti e dei mezzi di prova asseritamente trascurati dal giudice di merito […]. Il requisito dell’autosufficienza non può peraltro ritenersi soddisfatto nel caso in cui il ricorrente inserisca nel proprio atto di impugnazione la riproduzione fotografica di uno o più documenti (nella specie diverse decine), affidando alla Corte la selezione delle parti rilevanti […]”;
- il giudice può attribuire maggior rilievo alle circostanze riferite dagli interessati ai verbalizzanti, nell’immediatezza dei fatti, piuttosto che alle circostanze da essi riferite in sede di deposizione in giudizio, e che “i verbali di contravvenzione forniscono elementi di valutazione liberamente apprezzabili dal giudice, il quale può peraltro anche considerarli prova sufficiente delle relative circostanze, sia nell’ipotesi di assoluta carenza di elementi probatori contrari – considerata la sussistenza in capo al datore di lavoro, obbligato ai versamenti contributivi, del relativo onere probatorio”.
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