La Corte di Cassazione ha recentemente confermato che l’utilizzo “abusivo” dei permessi per l’assistenza a familiari disabili di cui all’art. 33, co. 3, della legge n. 104 del 1992, non solo giustifica il licenziamento, ma può essere accertato anche per il tramite di investigatori privati. Nel caso di specie il lavoratore aveva impugnato il licenziamento per giusta causa comunicato dalla società che, a seguito di un controllo investigativo, aveva accertato che il dipendente, durante le giornate in cui aveva usufruito di giorni di permesso ex Legge 104/1992 per assistere la madre, aveva svolto attività incompatibili con l’assistenza del genitore (andando a fare la spesa e dedicandosi ad attività ricreative). Il licenziamento veniva confermato dai giudici di merito, i quali ritenevano legittima la risoluzione in tronco del rapporto di lavoro dal momento che le violazioni “dolosamente gravi” poste in essere dal dipendente non consentivano la prosecuzione temporanea del rapporto di lavoro essendo lesive del vincolo fiduciario che lega le parti del rapporto medesimo. Inoltre, i giudici hanno riconosciuto la liceità dell’attività investigativa condotta dalla società in relazione alla verifica della sussistenza di atti illeciti compiuti dal dipendente durante la fruizione dei permessi. Avverso tale decisione il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione, censurando la decisione di merito principalmente sulla liceità degli accertamenti svolti dalla società, poiché quest’ultima non aveva informato il dipendente in merito ai controlli effettuati e alle modalità di esercizio degli stessi da ritenersi, quindi, lesivi della dignità del lavoratore e della normativa in materia di privacy.
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