L’ultima frontiera dei benefit aziendali arriva dagli Stati Uniti, dove, secondo un’analisi condotta dal Wall Street Journal, sembra essere sempre più diffusa la tendenza dei datori di lavoro ad offrire, come strumento di attrazione di talenti i c.d. “benefits per la fertilità”, ossia una serie di servizi a copertura delle spese necessarie per sostenere trattamenti clinici a favore dei soggetti affetti da infertilità.
Trattasi di una tematica di grande rilievo tenuto conto che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’infertilità colpisce una persona su sei in tutto il mondo e che, molto spesso, le spese da sostenere per poter accedere a tali servizi sanitari sono molto elevate.
Questa tipologia di benefit non risulta essere ancora approdata in Italia. La spiegazione risiede probabilmente anche nella normativa particolarmente restrittiva in materia di procreazione assistita, in vigore in Italia.
Da un punto di vista giuslavoristico, lo strumento a disposizione delle aziende per offrire ai dipendenti servizi di sostegno alle prestazioni sanitarie esiste ed è quello del welfare aziendale che consente alle aziende di offrire ad esempio forme di assicurazione sanitaria integrative erogabili ai dipendenti sotto forma di flexible benefits garantendo una forma di tutela ed assistenza ulteriore rispetto al SSN.
Per i dipendenti, aderire a queste forme di assistenza sanitaria erogate dall’azienda significa avere diritto a varie prestazioni sanitarie nei centri o ospedali convenzionati.
È bene ricordare che da un punto di vista fiscale e contributivo i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro non concorrono, entro una determinata soglia, a formare reddito da lavoro dipendente con conseguente beneficio economico sia per il datore di lavoro che per il lavoratore.
I c.d. “fertility benefits” potrebbero quindi, rientrando nell’alveo delle prestazioni sanitarie, essere inseriti all’interno dei servizi di assistenza sanitaria integrativa ovvero offerti dall’azienda nell’ambito di un piano di welfare aziendale in totale esenzione d’imposta, entro i limiti fissati dall’apposito regolamento o accordo sindacale aziendale.
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