De Luca & Partners

Nuove opportunità di investimento in Italia grazie alle nuove riforme in materia giuslavoristica (Invest in Lombardy, 29 giugno 2015)

Di seguito riportiamo la traduzione dell’articolo redatto da Vittorio De Luca e Giulia Ambrosino dello Studio De Luca Avvocati Giuslavoristi, pubblicato da Invest in Lombardy:

Le riforme che negli ultimi anni hanno interessato il diritto del lavoro in Italia hanno, per alcuni istituti, apportato delle innovazioni radicali e sino a pochi mesi fa nemmeno immaginabili, che stravolgono i principi che storicamente hanno ispirato le dinamiche del mercato del lavoro.

Gli interventi legislativi, che per i lavoratori ci si augura possano tradursi – pur non senza sacrifici in termini di tutele e garanzie – in un incremento occupazionale, puntano sulla valorizzazione della libertà imprenditoriale, al fine di contrastare gli effetti involutivi della crisi.

In quest’ottica le novità che maggiormente possono incidere sulla scelta di investire nel nostro Paese – ovviamente limitandoci ad un’analisi di natura giuslavoristica – sono rappresentate dalla riformulazione del contratto a termine, e, soprattutto, dalla maggiore flessibilità in uscita, ottenuta attraverso la limitazione della reintegrazione per licenziamento illegittimo a casi circoscritti.

In aggiunta alle riforme della disciplina di alcuni istituti, un altro interessante espediente finalizzato ad incentivare l’occupazione è rappresentato dagli esoneri contributivi per le nuove assunzioni, qualora ricorrano determinate condizioni.

Per quanto riguarda il contratto a tempo determinato, il D. L. 34/2014 ha completamente stravolto l’impianto di questa tipologia contrattuale, eliminando la limitazione storica delle causali giustificatrici che, almeno in parte, condizionava le assunzioni a termine.

Infatti, dall’entrata in vigore del predetto decreto, i datori di lavoro hanno la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato senza l’onere di dover individuare delle specifiche ragioni per non assumere a tempo indeterminato, purché vengano rispettate le limitazioni della durata complessiva di 36 mesi (oltre i quali il rapporto di lavoro si trasforma a tempo indeterminato) e del tetto massimo di lavoratori a termine pari al 20% dei lavoratori a tempo indeterminato (con applicazione di una sanzione amministrativa in caso di sforamento).

La maggiore flessibilità di questo strumento contrattuale consente, pertanto, ai datori di lavoro di avere a disposizione un periodo di considerevole durata per valutare l’interesse ad una eventuale conferma in servizio, sia in termini di idoneità della risorsa sia in termini di utilità della stessa nell’ambito dell’organizzazione aziendale.

È oltretutto importante evidenziare in questo contesto che, in deroga alla disciplina generale, per quanti intendano avviare nuove attività, non sono previste limitazioni quantitative ai contratti a termine per tutta la fase di avvio, la cui durata viene individuata dalla contrattazione collettiva.

Passando alla novità che maggiormente ha stimolato i dibattiti nazionali, la Legge delega n. 183 del 10 dicembre 2014 – le cui direttive stanno trovando progressiva concretizzazione attraverso i decreti attuativi emanati dal Governo – ha previsto un intervento sulla disciplina delle tutele in caso di licenziamento illegittimo, previsione che ha trovato realizzazione con il Decreto Legislativo n. 23 del 20 febbraio 2015 (entrato in vigore il successivo 7 marzo), relativo al c.d. “contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti”.

In particolare, con la formulazione “tutele crescenti” si fa riferimento al nuovo criterio di modulazione dell’indennizzo dovuto al lavoratore da parte del datore di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, studiato con lo scopo di accrescere ulteriormente la propensione datoriale alle assunzioni a tempo indeterminato, date le più contenute conseguenze (almeno nel breve-medio termine) in caso successiva risoluzione del rapporto.

Con la riforma, infatti, si abbandona il precedente impianto dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, prevedendo che, in linea di massima, in caso di illegittimità del recesso datoriale il giudice dichiarerà comunque estinto il rapporto di lavoro, con mera condanna del datore alla corresponsione di una indennità di misura variabile in funzione dell’anzianità di servizio (2 mensilità per ogni anno di servizio, da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mesi oppure una sola mensilità, da un minimo di 2 a un massimo di 12 in caso di vizi meramente formali). Ancor più contenuto è il costo per il datore nel caso in cui quest’ultimo, a determinate condizioni, decida di avanzare al lavoratore un’offerta conciliativa.

La reintegrazione in servizio resta totalmente esclusa in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo ed è limitata a specifiche ipotesi, rappresentate da casi limite che, per la loro natura, sono destinati a ricorrere solo sporadicamente (discriminatorietà, nullità, insussistenza del fatto contestato).

Non si può trascurare che, nel momento in cui stiamo scrivendo, sono in fase di approvazione altri decreti attuativi della legge delega di dicembre 2014, tra i quali quello che riformerà altre tipologie contrattuali e, soprattutto, interverrà, potenziandolo, il potere datoriale di ius variandi, consentendo al datore di lavoro di assegnare con maggiore flessibilità il lavoratore a mansioni diverse, a certe condizioni anche inferiori.

Nel quadro generale, un ruolo di primo piano negli interventi a sostegno delle assunzioni a tempo indeterminato è rivestito dalla previsione della Legge di Stabilità per il 2015 che ha introdotto un esonero contributivo di non certo trascurabile portata. È stato infatti previsto che i datori di lavoro possano godere di un esonero su base annua sino ad un massimo di Euro 8.060 per le nuove assunzioni, qualora queste siano effettuate entro il 31 dicembre 2015 e avvengano con contratto a tempo indeterminato.

Volendo iniziare a valutare gli effetti delle prime riforme a qualche mese dall’entrata in vigore delle stesse, un utile strumento ci viene offerto dai dati del mese di aprile 2015, forniti dal Rapporto del Ministero del lavoro e tratti dal Sistema Informativo delle Comunicazioni Obbligatorie. 

Secondo i predetti dati, si registrano quasi 757mila nuovi contratti di lavoro (quasi 40mila in più rispetto allo scorso aprile 2014), e tra questi oltre 171mila sono contratti a tempo indeterminato, con una crescita da meno del 16% a quasi il 23% in un anno.

Si spera che i risultati positivi siano stati stimolati dagli incentivi introdotti dalla legge di stabilità e dalle nuove riforme recentemente entrate in vigore, e che sui dati citati non sia troppa l’incidenza della esigenze stagionali e di Expo, che, tuttavia, non possono che avere un forte peso soprattutto nelle assunzioni a tempo determinato. 

Fonte:
Invest in Lombardy

 

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